Quanto accaduto a Mestre innanzi al Tribunale per i
Minorenni pochi giorni fa ci ha posto molti interrogativi. La decisione di una
madre di compiere un gesto così grave ed eclatante ci fa riflettere come cittadini
e come professionisti ma anche come credenti.
Il procedimento di adottabilità, dopo le modifiche apportate
dalla Legge 149/2001 alla Legge n. 184/1983, si ispira ai principi di massima
garanzia sia del minore, al quale viene nominato un curatore speciale avvocato
che ne tutela i diritti e ne cura gli interessi nel procedimento, ma anche dei
genitori, ai quali viene fin dall’inizio assegnato un difensore d’ufficio perché
non restino mai privi di tutela.
E’ un procedimento corale in cui tutti i soggetti operano
per dare attuazione all’interesse superiore del minore alla tutela del suo
diritto di crescere ed essere educato nella propria famiglia.
La famiglia però in talune circostanze si trova in
difficoltà ad assolvere a tale compito fondamentale ed è necessaria perciò una
verifica della responsabilità genitoriale ed avviare un percorso di sostegno
alla genitorialità, al quale collaborano in vario modo tutti i soggetti coinvolti
dal procedimento di adottabilità: gli avvocati (del minore e dei genitori), i
giudici del Tribunale per i Minorenni (togati e onorari), i servizi sociali
incaricati dal Tribunale stesso.
La famiglia dovrebbe essere il luogo sicuro in cui il minore
cresce sereno circondato dall’affetto, ma quando ciò non accade per le più
varie ragioni a chi spetta raccogliere la richiesta di aiuto che silenziosa o
manifesta proviene da coloro che ne fanno parte?
Noi tutti come comunità civile, educante e cristiana abbiamo
il dovere di porci in ascolto di chi ha bisogno di aiuto ma non sa o non riesce
a chiederlo, come accade quando a trovarsi in pericolo di pregiudizio sono dei
bambini soprattutto in tenera età.
Ma molte volte per paura delle conseguenze o per mancanza di
conoscenza degli strumenti a disposizione, le grida silenziose di aiuto
provenienti da donne e uomini, padri e madri, cadono nel silenzio e portano a
gesti come quello di pochi giorni fa davanti al Tribunale per i Minorenni di
Mestre.
La fragilità dovuta a malattie fisiche o psichiche, a
dipendenze, alla solitudine, non ci deve lasciare indifferenti e ciascuno di
noi come semplice cittadino ma soprattutto come credente può avere un ruolo
importante nel prevenire questo come altri gravi gesti, ponendoci in ascolto di
chi trova la forza di parlare o accanto a chi questa forza non riesce a
trovare, contribuendo alla creazione di una rete di solidarietà contro
l’indifferenza e il pregiudizio che circondano molto spesso le famiglie in
difficoltà.
Allo stesso tempo ci dobbiamo interrogare su ciò che
possiamo fare come professionisti, impegnati nella formazione degli avvocati di
famiglia, per attenuare le tensioni familiari ed aiutare la composizione delle
crisi usando gli strumenti che il diritto ci consegna.
Il luogo di lavoro come la scuola e la parrocchia creano
occasioni di relazioni, in cui essere disponibili ad ascoltare può essere di
grande aiuto dedicando un po’ del proprio tempo che è sempre più bene raro e
prezioso.
In questa direzione si pone anche il corso di formazione che
da alcuni anni viene organizzato a Zelarino presso il Centro Cardinal Urbani dalla
Facoltà di Diritto Canonico “San Pio X” di Venezia e dalla Facoltà Teologica
del Triveneto in collaborazione con il Tribunale Regionale Ecclesiastico
Triveneto e l’Osservatorio Giuridico Legislativo della Regione Ecclesiastica
Triveneta: “Il servizio della Chiesa verso le famiglie ferite”.
Il corso di studi è rivolto a quanti, negli uffici diocesani
di pastorale familiare, o nelle associazioni o centri di ispirazione cristiana,
oppure come singoli o coppia, offrono un servizio di accoglienza e
accompagnamento o svolgono servizi nelle comunità parrocchiali, ed è
finalizzato ad offrire competenze e condividere esperienze di ascolto e
sostegno alle famiglie in difficoltà.
Un’importante occasione di formazione, incontro e confronto
per tutto il Triveneto che ci auguriamo possa ripetersi con sempre maggiori
adesioni e partecipazione da parte degli operatori parrocchiali e diocesani ma anche
da parte dei professionisti (ad es. avvocati, psicologi, assistenti sociali),
affinchè gesti estremi come quelli accaduti a Mestre nei giorni scorsi non
debbano più ripetersi.
Favaro Veneto, 21.01.2020.
Roberta Tossato
Avvocato Cassazionista
Ordine degli Avvocati di Venezia
Pastorale familiare del Patriarcato
Nessun commento:
Posta un commento